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Che cos’è oggi la città per noi?


Penso d’aver scritto qualcosa come un ultimo poema d’amore alla città, nel momento in cui diventa sempre più difficile viverle come città. Cesena, per dimensioni e numero di abitanti, possiede ancora una propria  riconoscibilità che dipende sia dalla presenza di edifici - simbolo che da un tessuto urbano fortemente connotato.

Oggigiorno tuttavia rischia di perdere la sua identità perché sta diventando come la città che si compone di due mezze: una in cui c’è il grande ottovolante e l’altra di pietra e di marmo e cemento con la banca, i palazzi,  la scuola e tutto il resto. Una delle mezze città è fissa, l’altra è provvisoria e quando il tempo della sua sosta è finito la schiodano. Il centro è rimasto per anni fisso, immutabile ma deve diventare il motore dello  sviluppo perché in esso è contenuta la storia, senza perdere memoria di sé. Uno dei catalizzatori di questo sviluppo potrebbe essere la collocazione nel centro storico, ricostruendo il quarto lato di piazza del popolo, di alcune facoltà universitarie  e dei servizi anche di natura commerciale ad essa annessi.

Armilla non ha muri né soffitti né pavimenti: non ha nulla che la faccia sembrare una città, eccetto le tubature dell’acqua che salgono verticali dove dovrebbero esserci i piani: una foresta di tubi che finiscono in rubinetti,  docce, sifoni. Compare nella mente un’immagine: tubi di differenti colori corrono orizzontalmente lungo le vie della città, di notte illuminati, che guidano le persone nelle diverse direzioni, funzioni, rendendo immediatamente visibile  quali sono le zone in cui si condensano le relazioni e quelle periferiche da rivitalizzare.  


In corsivo frasi liberamente tratte da:

I. Calvino, Le città invisibili, Oscar Mondadori, Verona 2005.


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